Quale il senso degli ordini o collegi professionali e chi ne ha oggi (ancora) bisogno?

Se l’Italia è sempre stato un contesto particolarmente ostile all’esercizio della libera professione, ciò è dovuto in buona parte agli ordini territoriali e al consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi. 

 

PREMESSA

Le corporazioni note come ordini professionali affliggono purtroppo ancora oggi molti paesi europei. In Italia tali enti (inutili) si sono cristallizzati sotto forma di poteri forti, i quali di fatto limitano l’accesso al lavoro, alle pari opportunità e all’esercizio della libera professione, poiché la loro azione è volta sostanzialmente ad alimentare e mantenere in auge una ristretta cerchia di persone, le quali, da tempo immemore, siedono nelle facoltà, nelle dirigenze sanitarie, nei tribunali, gestiscono la formazione con tutto ciò che ne consegue, siedono in ordini e casse gestendo i soldi e le risorse dei liberi professionisti, senza apportare alcun beneficio alla categoria degli psicologi e pure in violazione della normativa vigente, considerando ad esempio che l’ordine degli psicologi, non ha mai sottoposto all’assemblea degli iscritti, i bilanci preventivi e i consuntivi, per la relativa approvazione, come previsto dalla legge.

Dalla riforma “Zecchino-Berlinguer” che determinava una moltiplicazione degli insegnamenti universitari sino alla scissione della facoltà di Psicologia in due parti, alla successiva fusione  con quella di medicina (Università di Roma La Sapienza oggi Sapienza Università di Roma); al business economico che ruota attorno alla formazione in psicoterapia, agli ECM che oggi lo stesso CNOP pensa di imporre ai liberi professionisti fabbricandoli in proprio, per giungere alla svendita della psicologia attraverso siti web che propinano servizi a basso costo e dai quali gli stessi “rappresentanti” della professione – interni agli ordini e alle commissioni deontologiche e che pertanto dovrebbero avere una funzione di vigilanza – erogano corsi di formazione come docenti ospiti, in tale arco temporale l’ordine psicologi non ha mai dato alcun cenno volto a tutelare la professione e dunque i professionisti che concretamente la esercitano.

Al contrario non ha fatto altro che avallare le università nelle politiche scellerate di immissione selvaggia sul mercato di migliaia e migliaia di psicologi (futuri clienti di scuole e scuolette in psicoterapia) perché l’Italia è un paese profondamente malato, con un numero di psicoterapeuti che è tra i più alti d’Europa e con una situazione che potremmo ad esempio paragonare a quella dell’Argentina. Dall’alto dell’esperienza che ha tramutato, dal punto di vista della professione, l’Italia nel sudamerica d’Europa, gli ultimi successi riguardano le lauree abilitanti. Considerando che i tirocini formativi non possono essere garantiti alla mole di studenti, gli psicologi potranno abilitarsi senza aver mai visto un paziente (si legge tirocini erogati dalle facoltà).  

Sino al 2019 ordini, commissioni deontologiche ed ENPAP, lungi dall’assumersi le proprie responsabilità circa le derive della professione, hanno continuato a latitare, trattando gli psicologi come numeri di matricola, utili solo ed esclusivamente al versamento delle imposte necessarie al loro auto-sostentamento.

                                    

Con l’avvento del “periodo pandemico”  però qualcosa cambia e improvvisamente gli ordini si accorgono dei liberi professionisti.


L’avere ricevuto un trattamento sanitario  (alle psicologhe in maggioranza donne sotto i 50 anni era destinato Astrazeneca, controindicato per loro e in seguito ritirato) diviene dall’oggi al domani imprescindibile all’esercizio della professione di psicologo, persino al di là del valore legale dei titoli e dell’abilitazione, sovrascrivendo un ulteriore e “incomprensibile” obbligo “sanitario” posto anche per l’attività da remoto.

Così nel novembre del 2023, ricevo una segnalazione in procura per esercizio abusivo della professione, da parte dell’ordine psicologi del Lazio, il quale prima mi sospende illegittimamente (per non essermi sottoposta al trattamento di cui sopra) quindi mi segnala presumendo un mio esercizio abusivo, e ciò in relazione ad una attività di CTP (consulente tecnico di parte) che non prevede iscrizione in ordini e collegi (art. 201 c.p.c.) di cui il PM chiederà l’archiviazione.  

Dopo essere stata illegittimamente sospesa per 9 mesi, una volta riabilitata vengo sottoposta ad un surreale procedimento “deontologico” a seguito del quale sono sospesa per ulteriori 3 mesi. Per 1 anno l’ordine territoriale mi ha impedito di lavorare segnalandomi quando non stavo svolgendo alcun atto tipico della professione (per cui sono laureata e abilitata dal 2010) ledendo la mia dignità personale.

 E’ possibile essere obbligati all’iscrizione presso un ente che nega il diritto all’autodeterminazione e di conseguenza la dignità umana?

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI  

Ordini e commissioni deontologiche hanno dimostrato di potersi attivare (non in ragione del codice deontologico) bensì di una determinata ideologia, del resto tutto il codice deontologico è stato di recente riformulato in chiave ideologica (cfr. Nuovo Codice Deontologico degli Psicologi approvato dal CNOP a dicembre 2023).

 

L’aderenza cieca all’ideologia del momento è connessa alla stagnazione interna all’istituzione ordinistica, dovuta alla permanenza ultradecennale di alcuni che hanno moltiplicato e cumulato le loro cariche, replicandosi, per così dire, all’interno degli ordini stessi.

 

Qualora, all’interno di una commissione deontologica, siedano psicologi che lavorano tra loro in forma associata, in relazione ad un qualsivoglia procedimento deontologico, tali soggetti potrebbero esprimere parere contrario rispetto a quello del loro socio maggioritario?

 

E’ legittimo che determinate cariche siano al tempo stesso i soggetti deputati a fornire parere positivo all’attivazione di corsi di Laurea in Università se mantengono incarichi di docenza all’interno delle medesime università?

 

Un utilizzo strumentale, scorretto e fazioso della funzione deontologica lede l’immagine professionale della categoria?

 

Come può essere garantita la funzione disciplinare-deontologica se non attraverso una separazione tra potere politico e potere deontologico oltre che attraverso una sana alternanza?

 

 

L’ORDINE PSICOLOGI DEL LAZIO

 

E’ attraverso la mia esperienza con la commissione deontologica del Lazio che ho potuto constatare come la medesima sia affetta da una sorta di bis-pensiero, per cui, se ci sono psicologi che possono essere puniti semplicemente per il proprio pensiero, ne esistono altri, i quali, per ragioni che non ci è dato sapere, sembrano godere di una speciale immunità, non potendo essere indagati ed eventualmente sanzionati, seppure in presenza di precise segnalazioni deontologiche.

 

All’interno della medesima vertenza (ovvero all’interno del medesimo procedimento presso il Tribunale dei Minori di Roma) per cui l’ordine mi segnalava in procura per esercizio abusivo mentre svolgevo attività di CTP (il caso ha voluto) che la sottoscritta abbia, a sua volta, dovuto segnalare alla stessa commissione, l’operato della consulente del tribunale (psicologa iscritta all’ordine come prevede la normativa relativa al CTU).

 

Una segnalazione che veniva immediatamente archiviata, senza alcun tipo di istruttoria volta a comprenderne il contesto.

 

Non è illogico che una commissione deontologica ravvisi dei rischi in relazione all’operato del CTP (sino ad imputargli un reato del quale manca la parte lesa) ma non effettui neppure un’indagine per comprendere l’eventuale rischio derivante dall’operato del CTU, la cui qualità di pubblico ufficiale potrebbe rappresentare un danno molto maggiore per la collettività in caso di illeciti o errori, visto il significativo impatto delle decisioni che il suo operato determina sulle famiglie e in particolare sui figli minorenni (?).

 

Invece nel caso del CTU la commissione deontologica del Lazio “(..) rimette gli atti in archivio ai sensi dell’art. 5 del regolamento disciplinare, considerando che la propria competenza sul caso potrebbe attivarsi solo all’esito di un eventuale pronunciamento sulla fattispecie da parte del Giudice (..)” come si apprende da relativa nota.

 

Se nel caso del CTP la commissione deontologica segnala automaticamente all’AG., nel caso del CTU si pronuncerà solo a seguito di un’eventuale condanna.

 

Come da successiva nota ancora si può apprendere che “(..) la commissione ha dovuto riconoscere la competenza del Tribunale dei Minorenni a decidere tutti i profili di legittimità della vertenza (..)”

un altro chiaro esempio di bis-pensiero poiché se è il tribunale competente a valutare l’operato del CTU, è la commissione deontologica competente a valutare l’operato del CTP.

 

 

***
 

E’ noto come siano sempre gli stessi CTU (consulenti tecnici d’ufficio) a prendere parte in qualità di relatori ai convegni dell’ordine psicologi del Lazio, a dimostrazione di come lo stesso ordine, abbia sposato una linea di pensiero, i cui risultati e conseguenze tuttavia sono ben conosciute da genitori e minori che hanno affrontato determinati procedimenti giudiziari.

Tali esiti del resto vengono certificati dallo stesso ordine psicologi del Lazio che candidamente ammette come “in più dell’80% dei casi, gli interventi messi in campo- Consulenze Tecniche d’Ufficio, Mediazione Familiare, Spazio Neutro, Sostegno alla genitorialità, Psicoterapia- si siano dimostrati perlopiù inefficaci, non specialistici e ridondanti”. 

C’è da chiedersi chi fossero i CTU (psicologi) e i Magistrati che hanno implementato determinati interventi. C’è da chiedersi altresì perché lo stesso ordine in nome del suo mandato, non abbia mai preso le distanze da metodologie distorte che hanno portato esempi di pessima psicologia come nel caso di Rignano Flaminio ma come in tanti altri casi giudiziari.

Un evidente danno all’immagine professionale proprio da parte di chi dovrebbe tutelarla.  

Annullato il referendum di modifica del codice deontologico degli psicologi ma il testo che snatura la professione sarà nuovamente sottoposto al voto

Con Sentenza pubblicata il 24 dicembre il Consiglio di Stato ha annullato il Referendum di modifica del Codice Deontologico degli Psicologi a causa di gravi vizi procedurali.

Se ad oggi le modifiche al testo sembrano scongiurate, nel 2025 verranno riattivate le consultazioni ed il medesimo testo verrà nuovamente sottoposto a votazione.

Ma quali sarebbero le ricadute e i rischi su utenti e pazienti del nuovo testo?

 

 

Salute in Età Evolutiva

Quando un bambino manifesta dei segnali di disagio psicologico, ovvero comportamenti ‘disfunzionali’ che generano sofferenza e tendono a persistere nel corso dello sviluppo, i genitori rimangono solitamente preoccupati e confusi circa il da farsi per risolvere il problema.

Le segnalazioni partono in genere dalle insegnanti per arrivare, attraverso le famiglie, ai servizi sanitari preposti, dove ha luogo l’iter diagnostico del bambino e conseguentemente il progetto terapeutico, di concerto con la famiglia e la scuola.

Ma spesso il genitore è lasciato solo di fronte alla problematica del figlio, sembra che non abbia sufficienti strumenti per capire e intervenire, finendo per delegare all’esperto, che è fuori dal contesto di sviluppo del minore, scelte importanti rispetto alla futura crescita.

Chiariamo che,  il ricorso ai servizi competenti e ai professionisti del settore, è senz’altro utile e in alcuni casi specifici necessario. Contestiamo tuttavia la ‘delega’, in quanto non è utile né per il bambino e né per la famiglia,  che devono essere parte attiva del processo di cambiamento.

Decidere di somministrare uno psicofarmaco, in età prescolare, scolare o adolescenziale; per un problema di natura emotivo-cognitiva, è una scelta che segnerà la crescita del minore, configurando rischi futuri.

Ogni qual volta che l’esperto decida per il ricorso al farmaco, ed in generale rispetto a qualsiasi tipo di intervento terapeutico, è opportuno che egli raccolga un Consenso Informato.

I genitori, visto che parliamo di minori, devono essere informati al fine di esprimere o meno il loro consenso rispetto alla terapia indicata dai sanitari. E’ questo un passaggio fondamentale che si esplica nel momento in cui viene fornito un chiaro ed esaustivo quadro della situazione ai genitori, con dettaglio della specifica diagnosi, sia rispetto alle cause scatenanti (se note) che agli esiti attesi; chiarendo tempi e modi della somministrazione oltre a rischi ed effetti avversi che la molecola scelta può determinare.

E’ opportuno che vengano espresse ai genitori tutte le possibili alternative terapeutiche, e che prima del ricorso al farmaco siano attuati interventi di tipo psicologico.

Prendiamo il caso della Paroxetina, l’antidepressivo di fatto prescritto anche sotto i 18 anni di età, per il trattamento della depressione nei bambini e negli adolescenti.

Come è potuta accadere una cosa del genere, visto che il farmaco non ha effetti terapeutici rispetto al placebo pur presentando rilevanti effetti collaterali?

Chi somministrava il farmaco non era a conoscenza dei risultati di quegli studi clinici?

Le ricerche in generale andrebbero lette con occhio critico e in particolare quando sono pagate dalle case farmaceutiche produttrici del farmaco.

E’ assolutamente indispensabile che il Genitore recuperi la responsabilità e il compito di tutelare il benessere dei figli, non affidandosi passivamente e in maniera acritica a nessun esperto, a nessun Professore, a nessun medico, psicologo, psichiatra etc. etc.

La Salute secondo l’OMS è lo “Stato di  completo benessere fisico, psicologico e sociale della persona, e non è soltanto l’assenza di malattia” . Inoltre “non può esserci salute senza salute mentale“.

C’è anche da dire che una presa in carico globale del bambino e della famiglia è resa sempre più difficoltosa dallo stato del nostro sistema sanitario, mentre il farmaco è una risposta di gran lunga più semplice e veloce.

Ma questo certamente non ha nulla a che vedere con la tutela della salute in età evolutiva, diversamente configura il rischio, per minori che in realtà non hanno nessuna patologia, di ammalarsi da un punto di vista fisico e psicologico.

E’ opportuno tenere in considerazione il fatto che esiste una tendenza della psichiatria ufficiale, purtroppo ampliamente diffusa anche nel nostro paese, ad intendere il disagio psichico e le condizioni cliniche vere e proprie, i problemi comportali e nel caso specifico dell’età evolutiva,   pericolosamente polarizzata su un versante esclusivamente biologico e genetico, la quale porta all’affermazione che certi problemi di natura psico-sociale siano determinati genericamente e che siano controllabili con la sola chimica che ne sarebbe la “terapia elettiva”.

Quali sono le risposte  all’aumento del disagio psicologico e delle patologie mentali?

Una tipica risposta è la tendenza a considerare il disagio in età evolutiva (e in generale il disagio mentale) come un problema esclusivamente individuale, intra-psichico, neuro-cerebrale, e a trattarlo farmacologicamente con sostanze attive sul SNC.

Pensiamo ad un bambino o ad un adolescente cui è stata somministrata Paroxetina per un periodo di  12, 24, 36 mesi o più a lungo.

Come si presenta il soggetto ai diversi follow-up? Qual è l’evoluzione dei casi trattati nel corso del tempo? Quali sono gli esiti alla fine della terapia?

Quel bambino ha risolto il suo problema?

Purtroppo reperire questa tipologia di dato risulta particolarmente complesso se non impossibile, in quanto sono poche le ricerche in tal senso, possono essere autoferenziali oppure provenire da contesti culturali distanti.

L’esempio più emblematico di questa tendenza è a mio parere il DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’ o ADHD attention deficit hyperactivity disorder

In sostanza una diagnosi estremamente ambigua  in base alla quale milioni di bambini nel mondo sono stati trattati con psicostimolanti come il Ritalin.

Per l’Istituto Superiore di Sanità questa “condizione dello sviluppo” è una vera e propria patologia con forte base genetica.

In sintesi l’ISS afferma che “Numerosi studi hanno dimostrato che questi bambini presentano significative alterazioni funzionali di specifiche regioni del Sistema Nervoso Centrale, rispetto a bambini appartenenti a gruppi di controllo. In questo senso l’ADHD non viene considerato come un disturbo dell’attenzione in sé, ma come originato da un difetto evolutivo nei circuiti cerebrali che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo, in particolare corteccia prefrontale e nuclei o gangli della base”.

Leggendo con occhio critico e imparziale,  la ricerca sul tema ADHD,  possiamo affermare che: 

Numerosi studi hanno confrontato piccoli campioni di bambini “ADHD” con gruppi di controllo. I bambini “ADHD” erano stati precedentemente trattati farmacologicamente e dunque le differenze riscontrate -nell’attivazione di corteccia prefrontale e gangli- non possono essere ragionevolmente intese come la causa della patologia e anzi potrebbero riflettere l’effetto del farmaco.

Conclusioni maggiormente attendibili si potrebbero ottenere dal confronto (relativamente all’attivazione di certe regioni del cervello), tra soggetti di Controllo e soggetti affetti da ADHD non trattati farmacologicamente.

Altro valido confronto sarebbe quello tra ss ADHD medicati VS ss ADHD non medicati. Ciò servirebbe ad escludere possibili effetti dei farmaci sulle dimensioni cerebrali indagate (come afferma il NIMH, National Institute of Mental Health).

La maggior parte delle ricerche invece include soggetti con ADHD precedentemente trattati farmacologicamente ma non è corretto confrontare i soggetti prescindendo dalla loro storia farmacologica (Leo e Cohen, 2003).
Molte ricerche confrontano i gruppi in esame (ADHD  e controlli normali) attraverso la fRMI (risonanza magnetica funzionale) che misura l’aumento del flusso ematico cerebrale quando i neuroni si attivano.

E’ corretto interpretare un aumento dell’attività neurale come una ‘funzione migliore’ e una riduzione invece come ‘peggiore’? La presenza di differenze nell’attivazione del cervello è di per se convincente nello stabilire le cause del disturbo? In che modo le differenze nell’attivazione di certe regioni neurali sono  in relazione con il comportamento e con la funzione cognitiva indagata?

Questi sono solo alcuni dei numerosi interrogativi ancora aperti.

Da “IL FENOMENO ADHD”

autore R. Cestari – revisione G. Antonucci

Se l’ADHD è una vera malattia biologica, l’onere della prova è carico di chi lo sostiene. La prova deve consistere di:

  • alterazioni anatomo patologiche rilevanti per sensibilità e specificità, nel rapporto tra la popolazione sana e quella malata;
  • esami clinico strumentali (sul sangue, urine, RMN, TAC, PET, ecc.) che rilevino alterazioni con sufficiente sensibilità e specificità, nel rapporto tra la popolazione sana e quella malata;

Se ciò esistesse, l’ADHD diverrebbe una malattia neurologica, vi sarebbero test specifici biologici per confermare la diagnosi e nessuno ricorrerebbe più, se non eventualmente in fase anamnestica all’utilizzo dei test attuali (domandine) ai fini diagnostici. Ciò permetterebbe persino di evidenziare i malati asintomatici.

Sino a che queste prove non esistono, circa l’organicità, siamo nel campo delle opinioni.

La situazione italiana

Poiché gli USA, stanno facendo marcia indietro, vi è un enorme sforzo per trovare sostenitori dell’ADHD in nazioni ritenute secondarie, dove poter vendere ciò che in America dà i primi segni di cedimento del mercato. L’Italia è una nazione che potrebbe importare ciò che gli USA vogliono buttare via. (Campagna di farmacovigilanza Giù le mani dai bambini).

QUALCHE DATO

Sono circa 450 milioni le persone che in tutto il mondo soffrono di disturbi neurologici, mentali e comportamentali.

In Europa, la mortalità per suicidio è più elevata di quella per incidenti stradali, e il solo disturbo depressivo maggiore rende conto del 6% del carico di sofferenza e disabilità legati alle malattie.

Anche in Italia, come in altri Paesi industrializzali, i disturbi mentali costituiscono una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio Sanitario Nazionale; si presentano in tutte le classi d’età, sono associati a difficoltà nelle attività quotidiane, nel lavoro, nei rapporti interpersonali e familiari e alimentano spesso forme di indifferenza, di emarginazione e di esclusione sociale.

Fonte Organizzazione Mondiale della Sanità OMS

In Italia, per il solo ADHD, 3220 bambini vengono trattati farmacologicamente con sostanze psicoattive, nocive e pericolose per la loro salute.

REGISTRO ITALIANO DELL’ADHD – 19 Dicembre 2014:

A che punto siamo

N.%
Metilfenidato220868.6
Atomoxetina101231.4
Totale3220100

In Italia si parla di 70.000 casi accertati di ADHD (Pietro Panei, responsabile Registro ADHD presso l’ISS, 2012). Di questi 2.100 assumono farmaci (il 3-4%). 

E’ dimostrato che l’efficacia del Ritalin nel lungo periodo è trascurabile (Hinshaw, Arnold Multimodal Treatment Study of Children With ADHD Cooperative group, 2014).

Nel mondo ci sono circa 11 milioni di bambini che sono stati diagnosticati ADHD e poi sottoposti a cura farmacologica. Tra gli  effetti collaterali di alcuni dei farmaci usati nella cura dell’ADHD abbiamo : Infarto, alopecia, danni epatici, problemi cardiovascolari, difetti di crescita e di sviluppo sessuale, tendenza al suicidio. (Campagna di farmacovigilanza Giù le mani dai bambini).

E’ necessario prendere le distanze da un’ottica eccessivamente riduttiva, oltre che dannosa, per ribadire che:

Lo sviluppo del bambino è un processo bio-psico-sociale in cui entrano in gioco fattori di diversa natura.

Il cervello è un’ organo estremamente ‘plastico’ ed esperienza-dipendente.

Il cervello è il prodotto degli effetti che le esperienze esercitano sull’espressione del potenziale genetico (Kendler, Eaves, 1986; Rosenblum et al., 1994; Rutter et al., 1997). I neuroni infatti si sviluppano creando tra loro connessioni sulla base dell’esperienza.

L’esperienza ha la capacità di accendere oppure di spegnere un determinato gene.

Ci riferiamo a questo concetto quando parliamo di “effetto epigenetico” cioè “al di sopra del gene” così che l’influenze epigenetica è ciò che accade al livello ambientale e che attiva/disattiva certi geni.

I geni quindi “non esplicano le proprie funzioni secondo un programma predeterminato e immutabile e la loro azione viene modificata e modulata dagli eventi esterni e dall’apprendimento” (Kandel, 1991).

L’esperienza può esercitare effetti diretti sullo sviluppo dei circuiti neurali determinando la formazione di nuove sinapsi o favorendone l’eliminazione (Kandel, 1989, 1998).

L’ambiente di sviluppo del bambino, determina l’acquisizione di funzioni psicologiche di valutazione ed elaborazione che regolano l’espressione del gene e stabiliscono se particolari fattori ambientali (es. trauma) provocano l’espressione di vulnerabilità genetiche (Elman et al., 1996; Emde, 1989).

La qualità e la tipologia delle relazioni che il bambino instaura nel corso della crescita è una variabile chiave per comprendere questo processo di apprendimento.

Famiglia e Scuola hanno un ruolo centrale nell’orientare il bambino verso uno stato di completo benessere/salute psicofisica.

La scuola in quanto Setting organizzativo per la Salute (nella definizione dell’OMS “Il luogo o il contesto sociale nel quale le persone si impegnano nelle attività quotidiane  nelle quali i fattori ambientali, organizzativi e personali interagiscono per ripercuotersi sulla salute e sul benessere.” OMS 1998), dovrebbe , da una parte, sviluppare una sua Politica per la Salute, dall’altra ci   domandiamo però,  qual’è lo stato di salute della nostra scuola?

Nel caso specifico del setting scolastico,  è necessario adattare l’ambiente ai bisogni evolutivi del bambino e modificarlo in funzione di tali bisogni, in modo da fornire all’alunno gli input evolutivi adeguati e i sostegni necessari alla sua cresita.

I  bambini a scuola devono essere liberi di svilupparsi, di comunicare, di apprendere, di creare relazioni sempre più simmetriche, di interagire all’interno di gruppi fondati sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco. E’ di cruciale importanza la qualità delle relazioni entro tale contesto, perchè è il mezzo per sviluppare determinate Skills.

La scuola dovrebbe essere capace di trasmettere ai suoi alunni un patrimonio di abilità e di competenze di vita, ovvero sviluppare l’intellignza emotiva dei bambini (oltre a quella cognitiva), perchè è indispensabile al raggiungimento di un positivo equillibrio psico-fisico, e in generale alla salute.

Il nostro interesse principale dovrebbe essere ben diverso dal somministrare pillole e dovrebbe essere quello di agire sui contesti di sviluppo per consentire ai bambini  di vivere in ambienti salutari, garantendodone i diritti, il benessere, la salute psicofisica.

CTU nel Diritto di Famiglia



La CTU psicologica è l’esito di situazioni molteplici e ci si arriva per ragioni differenti. Può trattarsi di una scelta del Giudice, provenire dalla Parte oppure da Terzi.

Indipendentemente dalle modalità con le quali si arriva a questo scenario , lo scopo è valutare la realtà familiare e di vita del/dei minore/i coinvolto nel processo separativo della coppia, in maniera che il Giudice possa decidere con cognizione di causa la migliore soluzione di affidamento dei figli.

Il Giudice dunque, arriva alla nomina di un Esperto di sua fiducia, il CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) e gli conferisce formalmente l’incarico durante l’Udienza di nomina.

A tale incontro solitamente vengono nominati e possono essere presenti anche i relativi CCTTPP (Consulenti Tecnici delle Parti), che hanno la funzione di collaborare con il CTU , nella migliore delle ipotesi ad una consulenza collegiale , in cui si lavora congiuntamente nell’interesse dei minori coinvolti.

Contestualmente il Giudice formula il c.d. quesito peritale cui il proprio ausiliario risponderà dopo aver espletato accuratamente le indagini. Il CTU pertanto orienta la propria attenzione al quesito peritale, così le Parti possono richiedere di verbalizzare specifici aspetti che ritengano di interesse, adattandolo al caso specifico.

Esempio di quesiti consulenziali

Previo esame degli atti e audizione dei coniugi, sottoposti gli stessi a test psicoattitudinali nonché ad altro tipo di esame ritenuto utile, anche di carattere medico, osservati altresì i minori, nel caso in cui fosse necessario e sottoposti gli stessi a tutte le indagini ritenute necessarie e, infine, espletato ogni opportuno approfondimento, anche presso terzi, dica il consulente se il regime di visite e di affidamento attuale sia conforme all’interesse dei minori e idoneo a garantire il mantenimento di un rapporto equilibrato continuativo e sereno con entrambi i genitori, indicando, in caso contrario, le opportune modifiche da apportare nell’interesse esclusivo dei minori, evidenziando eventualmente se sussistano motivi tali da sconsigliare un affidamento condiviso, esplicitandone in caso affermativo le ragioni e indicando quali siano le migliori condizioni di permanenza dei minori presso ciascun genitore.

Si vedano a tale proposito i quesiti standard del Tribunale Civile di Roma relativi alle CTU in tema di separazione e affidamento.

Il CTP ( Consulente Tecnico della Parte) ha la funzione di esplicitare al CTU ragioni e motivazioni della Parte, quando lecite e formulate nell’interesse di mantenere e migliorare la relazione genitoriale.

Ha al tempo stesso il dovere, quando riscontra comportamenti ostativi, di esplicitare tali comportamenti e aiutare la Parte a ragionare in un’ottica di responsabilità bi-genitoriale.

 Il CTP inoltre, controlla l’operato del CTU da un punto di vista metodologico , muovendo in caso di necessità note critiche, osservazioni e istanze.

Al termine delle operazioni peritali, in risposta all’Elaborato Tecnico del CTU, i CCTTPP possono rispondere con un Elaborato Tecnico di Parte, di cui il CTU dovrà tenere conto.

Riassumiamo i passaggi chiave del procedimento che sono i seguenti:

  • Nomina del CTU e consegna del Quesito peritale. Il CTU presente, accetta l’incarico prestando giuramento.

Il Giudice formula il quesito peritale cui il CTU deve rispondere dopo aver analizzato accuratamente la coppia, il/i minore/i , le relazioni interne ai sistemi in gioco e in particolare la qualità delle relazioni genitore-figlio.

Il CTU stabilisce la data di inizio delle operazioni peritali.

Al primo incontro di CTU sono presenti :

  • Il CTU

Le Parti (la mamma e il papà)

  • I CCTTPP

Il CTU incomincia con un colloquio della coppia che ascolta congiuntamente, come in tutto il processo valutativo, allo scopo di rispondere al quesito peritale, focalizzando sulle dimensioni più significative a questo fine.

Il CTU deve muoversi all’interno di una metodologia chiara e ben definita che comunica e concorda con i CCTTPP.

Egli dovrà svolgere una serie considerevoli di operazioni, organizzate in un calendario che potrebbe essere il seguente, in linea con il Protocollo di Milano:

  • 4 colloqui individuali, 2 per ciascun genitore
  • 2-3 colloqui con la coppia
  • 2 colloqui/incontri individuali con il minore
  • Incontri individuali con gli adulti e con il minore per la somministrazione dei TEST
  • Incontri congiunti : padre-figlio; madre-figlio; genitori-figlio
  • Incontri con eventuali altri componenti significativi della famiglia allargata
  • Incontri con operatori che possono fornire informazioni utili (insegnanti, operatori sociali, medici etc.)
  • 2 visite domiciliari, se ritenuto necessario, presso entrambe le abitazioni dei genitori
  • un incontro di restituzione con la coppia
  • un incontro di restituzione con il minore, ove l’età e lasituazione lo consenta
  • un incontro di confronto e discussione con i CCTTPP, ove il clima lo consenta

Al termine di tale processo il CTU stila il proprio elaborato  per rispondere puntualmente ai quesiti posti dal Giudice. Il CTU deve trasmettere la propria relazione alle Parti che hanno un termine per trasmettere le proprie osservazioni all’esperto. Il CTU depositerà quindi in cancelleria la propria consulenza, le osservazioni dei CCTTPP ed una valutazione su queste ultime.

Esempio di Indice della Consulenza

  • Incarico
  • Calendario delle operazioni consulenziali
  • Metodologia scientifica
  • Descrizione dettagliata degli incontri consulenziali effettuati
  • Test effettuati
  • Profili psicologici dei soggetti
  • Considerazioni conclusive
  • Risposta ai quesiti
  • Allegati

Vista l’importanza e la delicatezza delle conclusioni elaborate dal CTU , le quali impatteranno in modo significativo sull’assetto emotivo-relazionale dei minori coinvolti, il CTU stesso dovrebbe essere estremamente attento nel valutare il grado di validità ed attendibilità dei dati su cui fonda le proprie convinzioni, anche indicando fonti e metodologie scientifiche utilizzate, escludendo categoricamente di fondare il proprio giudizio su convinzioni personali e non ancorate scientificamente, esplicitando i limiti del proprio studio ed integrando le ipotesi alternative proposte dai CCTTPP.

Il CTU è inoltre tenuto ad allegare tutta la documentazione utilizzata (verbali dei colloqui, registrazioni audio-video, protocolli dei TEST etc.).

Il Giudice in quanto peritus peritorum può accogliere o rigettare le conclusioni del CTU , autonomamente oppure su stimolo del CTP, quando questi evidenzi i vizi logici, le contraddizioni e/o inesattezze nella relazione del consulente d’ufficio.

Il lavoro del CTP acquisice una valenza anche nella misura in cui fornisce uno stimolo verso l’accertamento della realtà dei fatti e nel caso in cui vengano mosse alla CTU censure precise da parte di un CTP il Giudice che intende disattenderle ha l’obbligo di motivare adeguatamente tale scelta.

Ricordiamo quindi che l’accoglimento o il rigetto della CTU da parte del Giudice può essere autonomo oppure venir stimolato dalle osservazioni dei CCTTPP, nella misura in cui queste evidenziano limiti, contaddizioni ed errori logici.

Qualora infatti vengano mosse alla CTU censure precise da parte di un CTP il Giudice che intende disattenderle ha l’obbligo di motivare adeguatamente tale scelta.

Allo stesso modo nel caso in cui ritiene di volersi discostare dalle indicazioni del CTU ha altresì l’obbligo di motivare il suo dissenso, indicando le motivazioni per cui ritiene erronee le conclusioni del CTU, ovvero gli elementi probatori, i criteri valutativi e le argomentazioni logiche con cui si pone in contrasto.

Il Giudice ha inoltre a disposizione una pluralità di interventi in questi casi, ad es. può disporre un supplemento delle indagini quando la consulenza sia ritenuta incompleta, oppure sostituire il consulente per gravi motivi e rinnovare le indagini affidandole ad un nuovo consulente.

E’ importante tenere ben presente che lo scopo di questo lavoro è la tutela dei minori coinvolti individuando la migliore soluzione di affido nello specifico caso in esame. Una stretta collaborazione, tra CTU e Parti, nei casi in cui ciò sia possibile, è senz’altro la soluzione migliore per giungere ad un’accordo condiviso, nell’interesse dei figli.

PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 61 c.p.c. – Consulente tecnico

Art. 62 c.p.c. – Attività del consulente

Art. 63 c.p.c. – Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente

Art. 64 c.p.c. – Responsabilità del consulente

Art. 191 c.p.c. – Nomina del consulente tecnico

Art. 192 c.p.c. – Astensione e ricusazione del consulente

Art. 193 c.p.c. – Giuramento del consulente

Art. 194 c.p.c. – Attività del consulente

Art. 195 c.p.c. – Processo verbale e relazione

Art. 196 c.p.c. – Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente

Art. 197 c.p.c. – Assistenza all’udienza e audizione in camera di consiglio

Art. 201 c.p.c. – Consulente tecnico di parte

Risarcimento del danno alla persona

IL DANNO NON PATRIMONIALE

  • danno morale: sofferenza emotiva transitoria causata dal fatto illecito
  • danno esistenziale: alterazione peggiorativa della qualità di vita e impedimento a svolgere attività realizzatrici per la persona,  dovuti alla lesione di diritti costituzionalmente tutelati
  • danno biologico-psichico: alterazione psicologica clinicamente significatica, si risconta nel soggetto la presenza di un disturbo mentale vero e proprio,  insorto a seguito di un evento lesivo

Esempi di danni non patrimoniali

  • danno estetico e danno alla vita di relazione
  • danno esistenziale da inquinamento ambientale
  • danno da demansionamento
  • danno subito dal figlio e dal coniuge per la violazione degli obblighi assistenziali
  • lesione del diritto alla riservatezza, della privacy e violazione del diritto all’immagine
  • danno psichico a seguito di grave sinistro o infortunio
  • danno da colpa professionale e malpractice medica
  • danno da mobbing, stalking, bullying
  • danno da lutto
  • danno da wrongful life, birth, pregnancy

La dr.ssa Lavinia Nera si occupa di valutazione del danno psichico in via stragiudiziale e giudiziale 

La valutazione psicologica del danno, all’interno dell’iter medico-legale, permette di evidenziare la presenza di lesioni all’integrità mentale che impediscono alla persona di funzionare adeguatamente al livello personale, sociale e lavorativo.

La consistenza del danno e i relativi livelli di gravità/inabilità  sono valutati nell’ambito di un completo esame clinico-anamnestico e psicodiagnostico. La personalizzazione delle categorie di danno è improntata su criteri validati e riconosciuti al livello internazionale.

La consulenza tecnica non può essere utilizzata per stabilire la presenza di un fatto-reato o di altro illecito.

ATTENZIONE

La consulenza via email non implica attività clinico-diagnostica, è finalizzata a fornire informazioni di carattere generale e non può sostituirsi all’ incontro diretto tra psicologo e utente.

E’ possibile richiedere una consulenza online scrivendo a info.dannopsichico@gmail.com.

Consulenza Minori e Famiglia

La Dr.ssa Lavinia Nera è consulente tecnico in materia di separazione e affidamento di minori si occupa in particolare di 

  • Idoneità e responsabilità genitoriale
  • Modifica delle condizioni di affido
  • Diritto alla bigenitorialità
  • Diritto dei figli a vivere all’interno della propria famiglia di origine
  • Valutazione di sviluppo del bambino
  • Valutazione del rischio evolutivo
  • Valutazione della competenza genitoriale
  • Sostegno ai figli di coppie separate o in via di separazione
  • Mediazione familiare
  • Coordinamento genitoriale
  • Counselling psicologico individuale 

La Dr.ssa Lavinia Nera è disposta ad operare come consulente di parte in regime di gratuito patrocinio nei procedimenti penali che coinvolgono soggetti minori.  

Gaslighting, Stalking e Danno psichico

Sistematicità e il livello di aggressività possono essere tali nello stalking, da provocare un perdurante stato di ansia e paura,  oltre al timore per l’incolumità e al mutamento delle abitudini di vita (art 612 c.p.).

Essere vittima di stalking può produrre un’alterazione in senso psicopatologico, del funzionamento individuale e relazionale. Tra gli effetti di questa forma di violenza ciclica e sfibrante si riconoscono generalmente le Sindromi ansiose, i Disturbi dell’adattamento, le Sindromi da stress post traumatico, la Depressione.

I comportamenti dello stalker  finalizzati a controllare, manipolare e possedere la vittima, non vengono dal nulla bensì originano da un sub-strato psico-relazionale definito  gaslighting.

Possiamo identificare il gaslighting con la violenza psicologica e la manipolazione mentale, violenza che, seppur invisibile, ha rilevanti effetti negativi sulla psiche della vittima.

La violenza psicologica è nascosta, difficilmente riconoscibile e ancor più difficilmente dimostrabile. Si esteriorizza con comportamenti sistematici come l’ invalidazione dell’altro,  la tendenza a mentire-manipolare, la disconferma del partner, fino ad  attacchi palesi ovvero insulti verbali, minacce, calunnia.

L’ obiettivo del gaslighter è quello di possedere in via totale ed esclusiva qualcuno per scopi personali secondari. La manipolazione si realizza tramite l’uso sistematico della menzogna,  l’omissione di informazioni e, come vedremo in seguito, l’ambivalenza.

Prendiamo il caso di una coppia in cui uno dei  partner mente sistematicamente su un determinato fatto reale e oggettivo sino a portare l’altro a dubitare della sua percezione della realtà e della sua memoria.

La menzogna sistematica è una violazione della persona che consiste nell’ attaccarne i confini mentali e dunque l’integrità psicologica, portando a fare scelte diverse da quanto agirebbe il soggetto se a conoscenza dei fatti e limitando così il suo range di azione e di possibilità.

In tal modo la vittima è privata della possibilità di formulare una scelta, di sviluppare un giudizio riguardo ad un fatto, con ripercussioni più o meno gravi sulla libertà personale.

Il benessere del soggetto è funzione della tipologia di rapporti che egli ha la possibilità di sperimentare, che riesce a costruire. Nel corso del ciclo di vita i rapporti asimmetrici (con genitori, insegnanti etc.) tendono a equilibrarsi divenendo sempre più simmetrici.

In generale questo tipo di evoluzione riduce lo stress individuale insito nei rapporti asimmetrici che comunque continuiamo a mantenere, per forza di cose.

In una relazione caratterizzata dal sistematico ricorso alla menzogna-manipolazione, la vittima è in qualche modo esclusa, estromessa e privata della possibilità di stabilire una simmetria dei ruoli.

La violenza psicologica è il sub-strato della violenza fisica, e di altre forme di violenza come quella sessuale fino all’omicidio.

Il soggetto maltrattante è capace parallelamente di mostrarsi affettuoso e in grado di legarsi -in maniera ciclica e altalenante- con cambiamenti di umore repentini, per cui alla ‘distruzione’ segue la ‘ricostruzione’ del legame.  (Galasso S., Langher V., Ricci M.E. (2014), Gli autori di violenza: chi sono e perché lo fanno in V. Schimmenti e G. Craparo).

Il comportamento di questi soggetti non è semplicemente contraddittorio,  è scisso.

L’ambivalenza rende particolarmente difficoltoso lo svincolo dalla relazione violenta, perchè ‘slatentizza’ la vittima confondendola e creando caos mentale.

Quest’ ultima dovrà operare un processo di integrazione nel riconoscere che bene e male, amore e dolore, provengono dal medesimo individuo.

L’ esordio dello stalking dipende spesso dalla rottura della relazione o dal tentativo di risolverla.

Consiste solitamente in comunicazioni continue e invadenti, molestie sulla rete (Cyberstalking), forme di controllo diretto (pedinare, spiare, visite nel luogo di lavoro, violazione di domicilio etc.).

Lo stalker può porre in essere ulteriori condotte delinquenziali ai danni della vittima quali ingiurie, diffamazione, lesioni personali fino ad arrivare all’ omicidio.

Le azioni che presentano come nucleo comune la persecuzione (stalking, mobbing, bullying), possono incominciare da comportamenti accettati socialmente, come ad esempio la gelosia, ed evolvere verso azioni ossessive e paranoiche, maltrattamenti, aggressività diretta ad annientare l’ altro.

La violenza in questi casi è unidirezionale e non va confusa con la ‘semplice’ conflittualità di coppia.

Lo stalking in quanto evento dannoso ripetuto nel tempo può impattare in modo più o meno grave sulla psiche chi lo subisce, a partire da uno stato di ansia sino a raggiungere i criteri di sindromi specifiche.

La vittima sperimenta l’ emersione di sintomi emotivi e comportamentali che compaiono in risposta al fattore stressante, come ad esempio  eccessivi e costanti livelli di ansia e stress, iperarousal, disturbi del sonno, depressione etc.

Il reato di Stalking acquisisce pertanto rilevanza in termini di risarcimento del danno non partimoniale, di tipo biologico-psichico e/o esistenziale.

Risarcimento del danno alla persona

ll danno psichico è un’ alterazione dell’equilibrio della personalità indotto da un evento lesivo che si manifesta attraverso sintomi psichici e nella compromissione delle abitudini quotidiane, della vita familiare, sociale e affettiva della persona.

RITIENI DI AVER SUBITO UN DANNO DI QUESTO TIPO ?

E’ possibile richiedere una consulenza online scrivendo a info.dannopsichico@gmail.com.

IL DANNO NON PATRIMONIALE

  • danno morale: sofferenza emotiva transitoria causata dal fatto illecito
  • danno esistenziale: alterazione peggiorativa della qualità di vita e impedimento a svolgere attività realizzatrici per la persona,  dovuti alla lesione di diritti costituzionalmente tutelati
  • danno biologico-psichico: alterazione psicologica clinicamente significatica, si risconta nel soggetto la presenza di un disturbo mentale vero e proprio,  insorto a seguito di un evento lesivo

Esempi di danni non patrimoniali:

  • danno estetico e danno alla vita di relazione
  • danno esistenziale da inquinamento ambientale
  • danno da demansionamento
  • danno subito dal figlio e dal coniuge per la violazione degli obblighi assistenziali
  • lesione del diritto alla riservatezza, della privacy e violazione del diritto all’immagine
  • danno psichico a seguito di grave sinistro o infortunio
  • danno da colpa professionale e malpractice medica
  • danno da mobbing, stalking, bullying
  • danno da lutto
  • danno da wrongful life, birth, pregnancy

La consistenza del danno e i relativi livelli di gravità/inabilità  sono valutati nell’ambito di un completo esame clinico-anamnestico e psicodiagnostico. La personalizzazione delle categorie di danno è improntata su criteri validati e riconosciuti al livello internazionale (Guides to the Evaluation and Permanent Impairment, American Medical Association 2009).

La valutazione psicologica del danno, all’interno dell’iter medico-legale, permette di evidenziare la presenza di lesioni all’integrità mentale che impediscono alla persona di funzionare adeguatamente al livello personale, sociale e lavorativo.

La CT (consulenza tecnica)  non può essere utilizzata per stabilire la presenza di un fatto-reato o di altro illecito.

ATTENZIONE

La consulenza via email non implica attività clinico-diagnostica,   è finalizzata a fornire informazioni di carattere generale e non può sostituirsi all’ incontro diretto tra psicologo e utente.

Sinistro stradale e conseguenze sulla psiche

A seguito di un grave sinistro stradale  è possibile che si sviluppino sintomi di natura psicologica oltre a lesioni di tipo fisico. 
Danno fisico e danno psichico sono aspetti   tra loro connessi ma allo stesso tempo indipendenti e autonomamente risarcibili.

Un grave sinistro stradale può anche provocare lesioni fisiche di lieve entità da un punto di vista strettamente fisiologico ma un grave Disturbo da Stress Postraumatico sul piano psicologico.

Il trauma è un evento eccezionale,  improvviso e imprevedibile,  che provoca la ‘rottura’ psichica del soggetto,  lasciandolo disarmato e incapace di prevedere gli eventi e quindi di  elaborare adeguate stategie di coping emotivo per farvi fronte.

Il quadro psicologico  immediatamente successivo all’evento lesivo è caratterizzato da una maggiore presenza di sintomi dissociativi ,  i fenomeni di reviviscenza del trauma (flashbacks) che includono immagini visive del trauma, percezioni acustiche, sogni ricorrenti relativi al trauma, agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse effettivamente ripresentando.

La persona vive uno stato permanente di allarme, è iper-vigile e iper-controllante;  percepisce un continuo stato di pericolo che comporta ansia, disturbi del sonno, alterazioni cognitive.

Questa sintomatologia può risolversi nell’arco di 3/6 mesi  – oppure al contrario –  può avere conseguenze a lungo termine note come Disturbo da Stress Post Traumatico, tendente alla cronicità con sintomi psichici invalidanti.

Il Disturbo da Stress Post Traumatico (DSM5) è caratterizzato da sintomi di

intrusività :
flashbacks, memorie ricorrenti, sogni ricorrenti
marcate reazioni di stress psicologico data dall’esposizione a fattori che simbolizzano o ricordano il trauma
evitamento persistente di stimoli associati con l’evento traumatico
alterazione cognitiva e dell’umore , alterazione dei processi mnestici e attentivi , persistenti affetti negativi e anedonia
arousal marcato ed eccessiva reattività del soggetto con distubi del sonno, esagerate risposte di allarme, rabbia e irritabilità, comportamento auto-distruttivo.


⦁ La durata  è superiore a 1 mese
⦁ Causa disagio clinicamente significativo e impedisce al soggetto di funzionare adeguatamente
⦁ Non è attribuibile agli effetti di una sostanza (es. un farmaco) o ad un’altra condizione medica

Questo tipo di sintomatologia psicologica deve essere accertata tramite una specifica relazione clinico-legale che dimostri  il nesso causale tra evento dannoso e psicopatologia in atto,  oltre a quantificarne la relativa percentuale di invalidità psichica.


In caso di danni psichici è opportuna una stretta collaborazione tra medico-legale e psicologo.

Lo psicologo è chiamato ad integrare la relazione medico-legale,  valuta e diagnostica l’eventuale presenza di questa specifica tipologia di danno il Danno biologico di natura psichica– oltre a fornire elementi significativi circa il nesso di causa tra evento lesivo e psicopatologia.


Il danno psichico è una specifica figura risarcitoria, indipendente da eventuali lesioni encefaliche e quantificabile anche in assenza di esse.

Le competenze dello Psicologo nella valutazione del danno

Linee guida  per l’accertamento e la valutazione psicologico-giuridica del danno  alla persona Ordine psicologi Lazio 2012

(…) La Cassazione ha più volte affermato che l’accertamento medico‐legale è un “mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario”. Nella valutazione del danno biologico l’accertamento medico‐legale non è uno strumento esclusivo e necessario; questo permette di affermare che la valutazione psicologico‐forense ‐ pur non essendo espressamente citata in giurisprudenza ‐ è comunque implicita, infatti, il danno non patrimoniale costituendo un “danno conseguenza” deve essere allegato e provato dal danneggiato, il quale dovrà presentare tutti gli elementi necessari e utili alla valutazione del danno, tra cui l’accertamento psicologico‐forense; inoltre, lo stesso giudice avvalendosi degli strumenti a sua disposizione potrà richiedere o utilizzare la consulenza psicologico‐forense considerandola, a seconda delle circostanze, un vero e proprio accertamento o una prova documentale.

Il danno psicologico, pur non avendo una tangibile manifestazione fisica, è una grave condizione di alterazione dell’equilibrio mentale che si manifesta con uno sconvolgimento delle funzioni cognitive, dell’affettività e delle relazioni sociali.

    Competenza genitoriale: come giungere ad una buona valutazione?

    Per competenza genitoriale si intende la capacità da parte delle figure che accudiscono il bambino o care-giver , di essere un buon genitore. Cosa significa essere un buon genitore?

    La competenza genitoriale è un complesso di abilità psico-sociali che include  la capacità di rispondere ai bisogni sia fisici che emotivi del bambino , strutturando con lui/lei una solida relazione affettiva di attaccamento.

    Non è possibile catturare questa complessa abilità attraverso un unico TEST o colloquio ed è indispensabile integrare informazioni e dati provenienti da fonti diverse, attraverso un articolato processo diagnostico volto a rilevare variabili individuali, familiari e sociali.

    La competenza genitoriale è spesso chiamata in causa, nel contrasto tra coppie separate, ove le parti richiedono l’affido esclusivo per via di una asserita incapacità dell’ex-partner nell’assolvere le funzioni genitoriali. Non è infrequente -nelle situazioni ad elevata conflittualità-  che abbiano luogo contestualmente denunce di parte , es. di maltrattamento fino all’abuso sessuale, in alcuni casi poi rivelatesi false (cfr. Camerini, 2007).

    In tali circostanze il Giudice nomina un proprio consulente tecnico il CTU, Consulente Tecnico d’Ufficio, che stabilisca, in sostanza, a seguito di una attenta e articolata analisi del nucleo familiare, la migliore condizione di affido della prole.

    Per migliore condizione di affido si intende,  per lo meno al livello teorico, l’affido ad entrambe le figure genitoriali , madre e padre, congiuntamente, con possibilità di doppia residenza e tempi ripartiti in maniera equilibrata tra entrambi i genitori.

    Tuttavia i figli vengono affidati alla madre nel 95% dei casi , con la figura paterna che rischia di essere distanziata dalla prole e vedere la sua importante funzione relegata al solo mantenimento economico.

    I figli,  in tali condizioni,  perdono  la continuità nella relazione padre-figlio e la possibilità di accedere al supporto e all’affetto del padre.

    Garantire la bigenitorialità significa per il bambino, la possibilità di accedere ad entrambe le figure di riferimento, che si integrano e completano reciprocamente, ricavandone vissuti positivi che favoriscono un sano sviluppo.

    L’Italia è classificata agli ultimi posti in Europa in quanto a tutela della bi-genitorialità.

    Ai primi posti nel vecchio continente troviamo Svezia e Belgio dove i figli di separati che trascorrono tempi eguali presso papà e mamma sono il 40 e il 30%.

    Da noi sono il 2%

    In Svezia e Danimarca la perdita di contatto con un genitore è del 13 e 12% rispettivamente.

    Da noi è del 30%

    I minori che trascorrono almeno un terzo del tempo con uno dei genitori dopo la separazione della coppia genitoriale (cosiddetto affido materialmente condiviso) sono il 70% in Svezia, il 50% in Belgio e il 49% in Danimarca.

    Da noi è il 5%

    (FONTE ADIANTUM Associazione di Aderenti Nazionale per la Tutela dei Minori)

    La scelta di affidare i figli ad uno solo dei due genitori, di ritenere un genitore prevalente rispetto all’altro, oppure diversamente,  di sospendere temporaneamente o addirittura far decadere la potestà genitoriale , affidando di conseguenza i minori ad una casa famiglia in attesa di adozione, è un fenomeno rilevante. Il secondo caso coinvolge in Italia 30.000 bambini (nel 2010 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha condotto il primo e forse unico studio approfondito sulla questione scoprendo che al 31 dicembre di quell’anno i bambini e i ragazzi portati via dalle loro famiglie erano 39.698. FONTE finalmenteliberi.org). Finalmente liberi stima che siano più di 50 mila.

    Nel momento in cui il Giudice nomina un CTU è opportuno che le parti siano assistite dal proprio CTP Consulente Tecnico di Parte, affinchè esprima, all’interno del giudizio, la voce e le ragioni della parte in causa, con la finalità di ricostruire un quadro veritiero della vicenda e stabilire la condizione migliore dell’affido, nell’interesse del minore. Tribunale Ordinario e Tribunale dei Minori seguono procedure differenti nella valutazione della genitorialità, in ogni caso l’interesse fondamentale dei figli è il diritto a mantenere la relazione con entrambe le figure di attaccamento, a meno di pregiudizi – evidenti e verificati – che possano provenire dalla relazione con i genitori. 

    Ricordiamo che in mancanze di tali evidenze,  il minore non può essere privato o limitato nella relazione con i genitori.

    Non dimentichiamo che l’obiettivo dovrebbe sempre essere quello di supportare e consentire l’espressione di questa relazione, non di reciderla, al fine di contribuire a creare un contesto migliore possibile, anche sulla base delle specifiche potenzialità della famiglia,  per la crescita della prole.

    La valutazione della genitorialità è un ambito di estrema delicatezza, in cui le analisi tecniche e le conclusioni da esse derivate, avranno un importante impatto sulle modalità di crescita ed educazione della prole.  

    ***

    Per giungere ad una buona valutazione della genitorialità nell’ottica di esprimere un parere tecnico affidabile è opportuno integrare informazioni da differenti fonti, dunque, oltre a quanto emerge dal contesto comunque artificiale e non ecologico della CTU , è necessario raccogliere i pareri dei soggetti che a vario titolo si trovano ad interagire con la prole quotidianamente trascorrendo molto tempo con i minori (insegnanti, operatori scolastici, rete parentale, rete sociale, visite domiciliari ).

    In caso di sospetta psicopatologia che possa inficiare la funzione genitoriale, è opportuno associare all’analisi psicologica qualitativa tramite colloquio i TEST  per ottenere di un indice quantitativo e ridurre la distorsione indotta da fenomeni di simulazione/dissimulazione.

    Osservare e studiare la relazione e le dinamiche del gruppo famiglia è parte integrante della valutazione della competenze genitoriali, attraverso l’adozione di specifici setting come il  Gioco Triadico di Losanna, uno strumento psicologico che ha la finalità di studiare empiricamente la relazione triadica padre-madre-bambino consentendo l’osservazione sistematica delle interazioni familiari.

    Ci riferiamo in effetti a variabili solo apparentemente individuali, come la competenza genitoriale, le quali si esprimono e prendono forma all’interno di contesti relazionali in cui si ha una reciproca e costante influenza tra le parti in gioco.

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